D.a.t.: Dichiarazione anticipata di trattamento

Dichiarazione anticipata trattamento

In questo articolo vi voglio parlare della D.a.t. (Dichiarazione anticipata di trattamento), per cercare di chiarire i punti fondamentali che permettano di avere una informazione corretta su questo argomento delicato e particolarmente sentito.

Quale e’ il contenuto della DAT?

Attraverso la DAT una persona capace dichiara di voler esercitare ora per allora il diritto di scelta o di rifiuto di diverse possibilità di trattamento sanitario nel caso in cui necessitasse di cure mediche in un futuro momento nel quale si trovasse in una situazione di perdita di capacità di decidere o nell’ impossibilità di comunicare e quindi dispone che qualora fosse affetto da una malattia allo stadio terminale oppure da una malattia o lesione cerebrale totalmente invalidante e irreversibile o ancora fosse in uno stato di permanente incoscienza (COMA o  stato vegetativo permanenti) e qualora tale situazione, secondo il giudizio di medici, venisse ritenuta irreversibile, fossero sì intrapresi tutti i provvedimenti atti ad alleviare le sue sofferenze ma che non vengano intraprese nei suoi confronti misure di prolungamento artificiale della vita se, secondo la migliore scienza e conoscenza medica e badasi attuale al momento in cui lui si trova in uno stato di malattia, si constati che tali misure dilazionino solamente la sua morte.

Irreversibilita’ o Assenza totale di ripresa:

Per irreversibilità si intende l’assenza totale di ripresa e, riferito ad uno stato vegetativo, questo duri più di sei mesi; ciò porta i medici a qualificare questa come situazione permanente e cioè senza ritorno ed in più, si aggiunga, tale da portare poi ad un sicuro decesso anche se non certo nel momento.

Lo scopo della Dichiarazione anticipata di trattamento:

La DAT costituisce quindi esercizio del diritto dell’individuo all’ autodeterminazione in materia di trattamento sanitario e questa formulazione del diritto a sua volta esprime principio di un diritto soggettivo che trova il suo referente nella costituzione. L’articolo 32 della costituzione infatti recita “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Le norme costituzionali trovano diretta applicazione per la soluzione di casi concreti anche in assenza di norme specifiche, come appunto nel caso delle DAT. Tanto più che la carta dei diritti fondamentali dell’unione europea (Nizza 7 dicembre 2000 e Strasburgo 12 dicembre 2007) sancisce diritti civili e politici già previsti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo ed introduce ulteriori nuovi diritti.

Con riferimento quindi al nostro caso, le DAT, occorre segnatamente menzionare le disposizioni sulla dignità umana (articolo 1) diritto alla vita (articolo 2) integrità della persona (articolo 3) protezione della salute (articolo 35) nonché importantissimo il principio di autodeterminazione nella formulazione letterale dell’articolo 3, secondo comma, secondo il quale, nell’ambito della medicina e della biologia, devono essere rispettati in particolare il consenso libero informato della persona interessata secondo le modalità definite dalla legge e questo riguarda in senso ampio la libera consapevole determinazione della persona in tutto il campo medico biologico.

Queste disposizioni della carta dei diritti fondamentali dell’unione europea sono giuridicamente vincolanti per l’unione e per gli Stati membri e l’articolo 117 della costituzione prevede la sovra ordinazione rispetto alle leggi ordinarie dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali;

da tutto ciò si ricava che il diritto all’autodeterminazione in campo medico trova da noi oggi vigenza ed è tutelato dalla legge.

 

Punto dell’articolo 1.2 e cioè Relazione PAZIENTE – MEDICO:

articolo 1.2: “viene promossa la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico il cui atto fondante è il consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza professionale,  l’autonomia e la responsabilità del medico.”

Data la centralità che quindi si riconosce alla relazione tra medico e paziente, non solo evidenziata dalla norma appena letta ma altresì in forza di quanto si è venuto a maturare nel corso degli anni nella coscienza collettiva, bisogna procedere attraverso il bilanciamento tra il diritto del paziente alla autodeterminazione e il dovere del medico di curare.

 

Si ribadisce la FUNZIONE: quindi con riferimento a quanto appena detto le DAT non possono né imporre né  richiedere al medico comportamenti attivi od omissivi per determinare la morte (non è ammessa la eutanasia) bensì si chiede al medico di curare nel modo migliore di fronte alla morte che è prossima ed inevitabile ossia si chiede di adottare i mezzi idonei per alleviare le sofferenze e rendere in ogni caso meno dolorosa la fine della vita.

Considerato che attraverso le DAT un soggetto capace di esprimere la propria volontà per il tempo in cui non sarà più capace, circa il non essere sottoposto a forme di accanimento terapeutico introduciamo ora il concetto della figura del fiduciario e poi la nozione di accanimento terapeutico.

Considerato che le DAT esplicano efficacia nel momento in cui il soggetto non è più nella capacità di esprimere la sua volontà, ciò implica la possibilità/necessità di disegnare una persona di fiducia affinché dialoghi col medico e riporti a costui il contenuto delle volontà del disponente;

detto soggetto viene generalmente indicato con il termine fiduciario ed è molto opportuno che venga inserito nel medesimo documento scritto contenente la DAT;  il compito più importante del fiduciario è quello che attiene al dialogo che deve instaurare col medico in luogo del dichiarante, ormai privo di coscienza vigile, ed il suo ruolo si estende sì al controllo del rispetto delle stesse ma vieppiù al confronto con il medico al fine di stabilire se le DAT siano ancora coerenti in rapporto all’effettivo quadro clinico cosicché ove vi fossero dubbi i due (medico e fiduciario) dovrebbero stabilire di comune accordo quale altro trattamento attuare o respingere trattamento che sia comunque coerente con le indicazioni intrinseche provenienti dal paziente ed addirittura, in ultima analisi, in caso di difformi vedute, vi sarebbe la garanzia del procedimento innanzi al giudice.

Il fiduciario come dice il termine deve essere veramente una persona legata da conoscenze profonde della persona del dichiarante poiché suo precipuo compito è quello di, conoscendo tutti gli aspetti della personalità del paziente, ricercare in attenersi alla volontà presunta del paziente quindi deve cercare di individuare e seguire la decisione che il paziente avrebbe preso, se capace, trovandosi in quella situazione.

Il fiduciario vigilerà altresì contro l’eventualità di un abbandono delle cure in conseguenza della espressa volontà da parte del dichiarante, specie nel momento della fase terminale, da parte dei medici al fine di far sì che comunque non venga abbandonato quantomeno sotto il punto di vista della somministrazione delle cure necessarie alla eliminazione della sofferenza. Quanto testé appena detto trova riscontro nell’articolo 1.6 del testo base della legge proposta in data 7 dicembre 2016 si ove si dice che il rifiuto del trattamento sanitario indicato, o la rinuncia al medesimo, non possono comportare l’abbandono terapeutico. Sono quindi sempre assicurati il coinvolgimento del medico di famiglia e l’erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15 marzo 2010 numero 38. Oltre tutto all’articolo 1.8, che riguarda il rispetto delle DAT, si dice che nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico assicura l’assistenza sanitaria indispensabile, ove possibile nel rispetto della volonta’ del paziente.

A proposito del rapporto medico paziente all’articolo 4.1 della alla legge dice ancora che “nella relazione tra medico e paziente rispetto all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante, può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra paziente e medico, alla quale il medico è tenuto ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di  non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità.”

Le DAT entrano in gioco quando si sfocia nell’ accanimento terapeutico non voluto dal disponente e precluso anche dalle norme di deontologia medica.

L’accanimento terapeutico si configura  nell’opera di somministrazione di cure propinate a un malato terminale che non gli offrono alcuna possibilità di una cura salvavita in altri termini nel caso in cui non vi sia alternatività tra la vita e la morte. La corte d’appello di Milano del 1999 ha detto che il dovere del medico di curare si arresta nell’ipotesi di accanimento terapeutico e cioè trattamenti che non hanno la capacità di migliorare o di preservare la salute del paziente e quindi futili e non appropriate.

Ma ricordiamo che l’atto di autodeterminazione deve essere valutato e rigorosamente posto in relazione con il quadro clinico attuale del paziente e con le conoscenze mediche attuali che potrebbero portare non più, se attuate, a morte certa ma  ad una sopravvivenza nel tempo.

Medici e le volonta’ del paziente:

Quindi al medico spetta e continua a spettare un’area di propria competenza all’ interno della quale egli possa compiere una valutazione di esclusivo carattere tecnico in ordine all’ effettiva compatibilità  tra il contenuto della volontà del paziente e il trattamento terapeutico da attuare in relazione al quadro clinico, non per sindacare il contenuto delle DAT, ma solo per adeguare questo alle conoscenze mediche e alle tecniche di cura come evolutesi nel lasso di tempo intercorso tra la redazione e l’evento e ciò appunto al fine di vedere e verificare quando si sfocia nell’accanimento terapeutico. Questo significa operare un bilanciamento tra il diritto all’ autodeterminazione del paziente e il dovere di cura che al medico compete. Le DAT per il medico sono un elemento che concorre alla formazione delle scelte del medico stesso, scelte che sebbene condizionate, non sono rigidamente vincolate alle direttive anticipate e se il medico non risulta senz’altro vincolato alle direttive anticipate ne deve comunque tenere conto e quindi si vede limitata la propria capacità discrezionale in merito alle opzioni terapeutiche poiché dovrà giustificare puntualmente, sulla base delle circostanze concrete, quelle scelte divergenti dalla volontà precedentemente manifestata dal paziente. Quindi le DAT hanno lo scopo di evitare detto accanimento terapeutico ma non possono impedire al medico di irrogare cure che secondo il suo intendimento legato ai progressi della scienza medica, abbiano la possibilità di prolungare la vita e non quella di prolungare solo il momento della morte che sicuramente debba comunque avvenire.

In definitiva ammettere la sussistenza di un diritto soggettivo personale a scegliere ed indirizzare in via preventiva il trattamento sanitario futuro per l’ipotesi che non ci si troverà in grado di manifestare la propria volontà, cioè il diritto di autodeterminazione attribuito alla persona come espressione della propria personalità, non significa accogliere l’idea che la dichiarazione individuale abbia efficacia vincolante assoluta rispetta i medici destinatari.

Diversamente dalla morte che costituisce un momento puntuale, la fine della vita costituisce infatti un processo sul quale il medico influisce ma nel quale il paziente deve seguitare a essere il protagonista delle scelte da compiersi.

 

Un’ultima notazione e poi concludo circa il procedimento per accertare la volontà manifestata.

L’articolo 1.4 prevede:” in forma scritta ovvero, nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, mediante strumenti informatici di comunicazione”. Da ciò si rileva, anche se attualmente non è prevista una forma cogente, che sia molto opportuno optare per la forma scritta per essere certi più possibile dell’intendimento del disponente e considerato che diviene importantissimo valutare se lo stesso aveva la piena capacità al momento in cui ha redatto il testamento di vita e la coscienza di ciò che stava scrivendo appare molto opportuno che la stessa abbia l’autentica di un notaio a detto scopo, per il corrispettivo esosissimo di un euro.

 

Spero di non avervi tediato ma di avervi dato sollievo mediante la conoscenza trasmessavi dei vostri giusti e legittimi diritti.